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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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«Il sistema Sesto esiste, ma non c'è nessuna prova contro Filippo Penati»

Lo hanno scritto i giudici del tribunale di Monza nelle motivazioni della sentenza di assoluzione emessa lo scorso 10 dicembre

Il «Sistema Sesto» esiste, ma non esistono le prove del fatto che l'ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati abbia intascato tangenti. È quanto hanno messo nero su bianco i giudici del tribunale di Monza nella sentenza che lo scorso 10 dicembre ha assolto Penati dall'accusa di corruzione.

I giudici del tribunale di Monza hanno assolto con formula piena l'ex esponente di spicco del Partito democratico e tutti gli altri dieci imputati. Le accuse erano, a vario titolo, corruzione e finanziamento illecito ai partiti. Accuse per le quali la procura aveva chiesto 4 anni di reclusione per Penati, mentre per gli altri pene tra due anni e mezzo e un anno e quattro mesi, oltre alla confisca di 14 milioni di euro alla società Codelfa, poi assolta.

Il procedimento «non ha avuto a oggetto, se non in modo marginale, il cosiddetto 'Sistema Sesto' — si legge nel documento —, cioè quel 'sistema' di illecito finanziamento della politica e di mercimonio delle funzioni pubbliche, riferito dagli imprenditori sestesi Piero Di Caterina e Giuseppe Pasini e afferente, a loro dire, i progetti di riqualificazione urbanistica ed edilizia delle aree industriali dismesse Falck e Marelli». Questa vicenda era già stata dichiarata prescritta per Penati e altri, mentre per altri imputati, tra cui l'ex assessore comunale di Sesto Pasquale di Leva, ci sono stati patteggiamenti.

Tutta realtà, invece, il «Sistema Sesto» denunciato da Pietro Di Caterina. «'luogo di incontro' — si legge nelle carte — tra gli interessi di imprenditori spregiudicati, pronti a 'oliare' gli ingranaggi della pubblica amministrazione sestese per realizzare speculazioni immobiliari milionarie sulle aree industriali dismesse più vaste d'Europa, le esigenze di finanziamento della politica (in specie degli eredi del Pci, che da sempre amministravano la città di Sesto San Giovanni) e gli appetiti voraci di amministratori e dipendenti pubblici, che videro negli interventi edilizi realizzabili su quelle aree un'irripetibile occasione di illecito arricchimento».

Ma i «grandi accusatori» di Penati (Di Caterina e Pasini) non hanno «riferito in dibattimento di aver versato a Filippo Penati 'tangenti' per il compimento di atti a loro favorevoli da parte dello stesso o dell'amministrazione da lui presieduta quale sindaco».

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